A Rosarno lo Stato ha perso

In Calabria, questo insegna Rosarno, lo Stato non c’è e la democrazia è sotto scacco. Lo dicono gli immigrati trattati come bestie, la bomba alla Procura generale di Reggio Calabria, gli indicatori economici più generali e la stessa crisi in cui è lasciato il Porto di Gioia Tauro, lo scalo più importante del Mezzogiorno. Soltanto in un territorio abbandonato dallo Stato può, infatti, accadere quanto è accaduto a Rosarno. Non è intolleranza e non c’è razzismo. Una lettura simile distrae l’attenzione rispetto ai dati oggettivi che abbiamo sotto gli occhi. In alcune zone della Calabria ben identificate, prevalgono altri codici che non sono quelli dello Stato e lì sarebbe ora che lo Stato, invece di dedicarsi agli slogan sul Ponte dello Stretto ed alla Banca del Sud, riaffermasse energicamente la propria sovranità e il monopolio della forza. Come? Non c’è bisogno di altre leggi….

…Serve il potenziamento della magistratura e delle forze dell’ordine e la rottura del patto perverso tra politica e poteri illegali. Se le Istituzioni ed i vertici dei partiti nazionali vogliono, invece, ancora fare finta di non vedere, il Paese deve sapere che dentro di sé continuerà a crescere un potere feroce che ha la forza di controllare il territorio in Calabria e d’inquinare la democrazia italiana. Nello specifico, se in un contesto di forte disoccupazione e in cui la mafia è una presenza massiccia, giungono migliaia d’immigrati trattati come schiavi che per più ragioni vanno in urto con i residenti, assillati a loro volta da decine di problemi senza risposta, è evidente che l’esito è lo scontro e il non rispetto dei migranti, su cui giustamente la Chiesa insiste. Occorre che l’Italia non volti subito pagina, ma guardi con maggiore attenzione a quanto è accaduto in Calabria e che lo Stato recuperi credibilità attraverso l’azione di ogni giorno nel recupero della legalità e nell’indicare, ai giovani soprattutto, che in Calabria è ancora possibile nutrire prospettive occupazionali nel rispetto delle leggi. La società calabrese, inoltre, deve avere il coraggio di interrogarsi su quanto è accaduto, ad incominciare dalle agenzie formative che operano sul territorio, perché alcuni episodi di “caccia al negro” documentati dai media, pur dovuti ad una reazione a catena, sono decisamente contrari non solo al senso di umanità che è dovuto verso ogni persona umana, ma anche alla nostra storia di tolleranza, umanità e ospitalità dello straniero.

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