“Come può il buon governo cambiare il destino di una Regione” – L’intervento di Silvio Gambino alla convention “L’alba di una Calabria vincente”

La rumorosità dei recenti messaggi mafiosi ha interrotto una campagna elettorale che il bipolarismo del sistema politico locale e nazionale avevano da tempo reso inconcludente, senza patos e priva di capacità di mobilitazione vs il cambiamento. Rispetto alle richieste della ndrangheta, la magistratura inquirente calabrese e quella reggina in prima fila sappia di avere in noi tutti vicinanza, sostegno e piena condivisione nella strategia di “serena normalità” che li sta guidando nelle indagini a tutto campo sulla malavita in Calabria e sulle sue infinite diramazione….

…Sarebbe stato perfino opportuno che oggi qui non ci fossimo dovuti incontrare, se le forze politiche e i ceti dirigenti dei partiti calabresi avessero espletato al meglio, nel corso della legislatura in via di completamento, il mandato ricevuto. L’obiettivo dichiarato nella Convention del 2005, che a Lamezia aveva incoronato in loco un Governatore che in realtà era stato già scelto a Roma, di “rivoltare la Calabria come un calzino”, dopo l’assolutamente negativa stagione di malgoverno regionale di Chiaravalloti e dell’intero centro-destra, nella realtà politica concreta, si è dimostrata null’altro che una ennesima opportunità perduta. Con l’aggiunta di aver determinato una ricaduta negativa, in termini di frustrazione, su un mondo politico variegato, quello del centro-sinistra, che ha visto naufragare attese e speranze di cambiamento.

A fronte di tali attese e di tali speranze, la Calabria del quinquennio che lasciamo alle spalle ha dovuto fare i conti, nella cornice severa di una crisi globale della economia, con una politica incapace di ascoltare i bisogni dei cittadini e delle istituzioni territoriali della Regione e di offrire risposte mirate, capaci di affrontare, se non anche risolvere, i problemi in campo. Dalla crisi della economia al dissesto del territorio, dal non-governo della sanità (che diviene malasanità e morte negli ospedali) alla incuria nella quale sono lasciati i bisogni dei soggetti più deboli senza poter esigere le garanzie costituzionali del diritto alla assistenza sociale, dal mare e dalle montagne che da grande bene pubblico vengono deturpate e violate nelle forme e nei modi che tutti conosciamo, ad un mancato sostegno al sistema imprenditoriale capace di dare vigore e credibilità alle vocazione economiche proprie dei nostri territori, dalle mille vertenze aperte nel mondo del lavoro alla inesistente politica di accompagnamento al lavoro dei disoccupati e dei sottoccupati, in generale e in particolare con riguardo ai diplomati e ai laureati e fra di loro più in particolare ancora alle giovani donne; fino alla pessima gestione dei fondi comunitari che, seppur gestiti nel rispetto formale di tutte le regole, senza una idea strategica che li mettesse al servizio dello sviluppo della regione, non hanno costituito, per come avrebbero potuto e dovuto, la risposta strutturata al decollo economico e produttivo della Regione. Rispetto all’insieme dei problemi appena evocati ancorché in modo del tutto incompleto, per evidenti ragioni di tempo, le forze politiche della regione, nel loro complesso, benché con la responsabilità maggioritaria delle forze politicamente più votate, hanno evidenziato una vera e propria ignavia.

Fuori dalla metafora poetica, si vuole sottolineare, in altri termini che, se indubbiamente complessi erano i problemi che chiedevano di essere affrontati e risolti, del tutto inadeguate sono risultate le politiche, ridotte ad una gestione clientelare diffusa, di tipo sostanzialmente affaristico e limitate a precise enclaves sociali e di potere. Gli esiti a ben vedere sono risultati politicamente vincenti in quanto a stipulazione di veri e propri accordi politico-elettorali, che indubbiamente si faranno notare in modo rumoroso in occasione delle prossime elezioni regionali. Rispetto a tutto ciò i partiti politici, ogni giorno di più, facevano e fanno di tutto per chiudere gli occhi e continuare comunque a procedere sulla strada intrapresa. Con quali esiti per le chances di credibilità di una democrazia partecipativa che voglia chiedere ai giovani di accostarsi alla politica per prenderne il testimone non risulta comprensibile! L’insieme problematico appena tratteggiato si è sinistramente accompagnato con un rapporto fra territori e centro politico del Paese che ha visto la maggioranza parlamentare declinare politiche orientare al Nord del Paese, per evidenti cointeressenze politiche, nazionali e regionali. Il Sud ne è risultato vittima sacrificale e con esso la Calabria. A chiarirlo senza molti dubbi sovviene la gestione dei fondi FAS, da una parte, e la gestione (della quale invero tutti vorremmo sapere di più senza tuttavia avere dati chiari), del Piano di rientro dal gigantesco debito sanitario maturato per l’incapacità gestionale e per il clientelismo strutturato del complesso politico-sanitario della Regione. Rispetto a tale scenario non è dato sapere cosa abbia fatto il ceto politico della Regione a tutela degli interessi della Calabria. La sintesi delle problematiche appena richiamate è data da una centralizzazione politica e delle politiche regionali nelle mani delle sole forze politiche e per dirla in modo più chiaro nelle mani di pochissime persone che hanno determinato le sorti della Regione in modo tanto allarmante.

Rispetto a tele evenienza ciò che soprattutto ha sorpreso, politicamente parlamento naturalmente, è stato un atteggiamento servile e miope delle forze minori. Il centralismo regionale e il suo accentramento nel ristretto gotha delle poche soggettività politiche abilitate a interpretare in modo protagonistico la politica regionale ha conosciuto un’altra importante vittima, il sistema autonomistico. Rispetto alle previsione di pari ordinazione costituzionale di comuni e province, la regione ha finito con l’interpretare una funzione di accentramento umiliando istituzionalmente e politicamente il concorso del pluralismo territoriale voluto dalla Costituzione. In termini di etica politica, rispetto ad un simile quadro, la vera domanda da porsi era ed è cosa occorresse e cosa occorre tuttora fare per ridare speranza ad una Regione così duramente combattuta nel traumatico intreccio fra politica e malaffare. Un intreccio che tre Prefetti dello Stato hanno cesellato in modo allarmante nelle loro Relazioni al Ministro degli interni, la cui conoscenza risulterebbe assolutamente necessaria per chiunque si candidi a fare politica in questa Regione. La domanda, in altri termini, era ed è tuttora: può e in che modo un ‘buon governo’ cambiare il destino di una Regione? A che condizioni? Con quali requisiti degli attori politici e istituzionali? Con quali regole del gioco? Come si vede, dunque, la soluzione al problema nasce innanzitutto dalla piena coscienza dell’esistenza del problema stesso da risolvere.

Sappiamo bene che i partiti politici di massa stanno registrando una fase storica di cambiamento del loro modello organizzativo. Sappiamo pertanto cosa ci possiamo e cosa non possiamo attenderci dai partiti politici, soprattutto da quelli calabresi. Ci aspettiamo comunque che i partiti rinsaviscano rispetto al cinismo presente e alla incapacità di riprendere un discorso pubblico fondato sull’etica della rappresentanza politica indisponibile a cointeressenze private e illegali. Ci aspettiamo che i partiti tornino al rispetto delle regole costituzionali della democrazia interna, per costituire nuovamente uno spazio e un luogo di pratica della partecipazione politica. Nelle more, la società civile, una parte di questa società naturalmente, ha ritenuto di concorrere per dare il proprio apporto. Di questa società è parte l’imprenditore Pippo Callipo.

Di questa società e per questa prospettiva si sono organizzate da più mesi almeno un centinaio di associazioni operanti su tutto il territorio regionale, desiderose di sostenere le ragioni politiche e di processualità democratica volte verso un cambiamento reale. Un progetto di cambiamento si fonda innanzitutto su idee e progetti. Il mondo associativo che sostiene Pippo Callipo e il candidato Callipo alla Presidenza della Regione da mesi hanno affrontato, discusso e messa a fuoco un insieme di proposte politiche idonee ad affrontare le questioni in campo. Oggi questo progetto viene ufficializzato, divenendo punto di partenza della iniziativa politica di mobilitazione della società civile che vede in Callipo l’opportunità di un ricambio politico alla regione all’altezza dei problemi che l’angustiano. Tuttavia, la vittoria elettorale di Callipo diviene punto effettivo di snodo del cambiamento atteso per la regione se essa si accompagna con un ricambio di ceto politico e, al contempo, con il cambiamento delle regole che lo presidiano: dalle regole sulla incompatibilità e sulla ineleggibilità – che impediscano auspicabilmente di avere una quantità di inquisiti quanti ne conta attualmente il Consiglio regionale – alle regole di funzionalità democratica e istituzionale della Regione, che rivedano le scelte inopinate di riforma statutaria di recente adottate da Consiglio regionale e che, qualora condivise, avviino anche una riflessione sulla forma di governo regionale, allo stato assolutamente e inconcludentemente autoritaria.

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