Più donne nelle “stanze dei bottoni”

La Calabria è l’ultima, la Cenerentola del Paese, anche perché le donne sono emarginate. I numeri parlano chiaro, ed anche qui la spesa pubblica per rimuovere i ritardi nella parità si rivela un fiasco colossale. Non c’è dubbio che la disamministrazione e l’inefficienza sono caratteristiche maschili per eccellenza. Se la Regione avesse avuto più donne alla sua guida oggi non sarebbe allo sfascio. Un Ente di potere e di gestione, questa è la Regione Calabria, anziché essere un Ente di sviluppo e di programmazione. Le donne, se ce ne fossero state, non lo avrebbero mai consentito. La loro naturale inclinazione all’organizzazione efficiente e il loro spiccato senso pratico, sarebbero state un argine allo strapotere dei partiti e dei soliti noti. Quando in Calabria prevalgono solo accordi di potere, che i cacicchi neppure si preoccupano di mimetizzare, è perché le donne non contano niente. Ne è prova il fatto che legge regionale istitutiva del Progetto Donna, nata dalla volontà di creare uno strumento legislativo che desse valore ai saperi e ai progetti delle donne, è rimasta sulla carta svuotando l’iniziativa di significato. Io avrei visto volentieri una donna candidata alla guida della Regione, l’ho anche proposto. Ma i tempi e la politica calabrese sono condizionati non solo da un generico maschilismo ma anche da un potere maschile spesso opaco, vecchio e clientelare che di per sé fa a pugni con la freschezza, la cultura e la voglia di fare delle donne calabresi.

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